Interdipendenza e Vacuità: due concetti molto importanti nel Buddhismo
Interdipendenza e Vacuità sono due concetti legati fra di loro, che descrivono il modo corretto di vedere la realtà: tutti i fenomeni, inclusi gli esseri umani, interdipendono e sono dunque privi di qualsiasi tipo di esistenza inerente o autonoma.
La nostra convinzione è invece che le cose esistano interamente e concretamente in modo autonomo, dotate di una propria natura, completamente indipendenti da qualsiasi causa e condizione e dalla nostra stessa mente che ne fa l’esperienza.
A causa di questa visione errata, nella vita incontriamo spesso difficoltà e sofferenza. La consapevolezza della vacuità è la meditazione suprema, la chiave per aprire la mente a questa comprensione, per eliminare alla radice tutti i nostri difetti mentali e far cessare le nostre sofferenze.
Il pensiero di Nagarjuna è centrato sull’idea che nulla abbia esistenza in sé. Tutto esiste solo in dipendenza da qualcosa d’altro, in relazione a qualcosa d’altro. Il termine usato da Nagarjuna per descrivere questa mancanza di essenza propria è «vacuità» (sunyata): le cose sono «vuote» nel senso che non hanno realtà autonoma, esistono grazie a, in funzione di, rispetto a, dalla prospettiva di, qualcosa d’altro.
Se guardo un cielo nuvoloso — per fare un esempio ingenuo — posso vedervi un castello e un drago. Esistono veramente là nel cielo un drago e un castello? No, ovviamente: nascono dall’incontro fra l’apparenza delle nubi e sensazioni e pensieri nella mia testa, di per sé sono entità vuote, non ci sono. Fin qui è facile. Ma Nagarjuna suggerisce che anche le nubi, il cielo, le sensazioni, i pensieri, e la mia testa stessa, siano egualmente null’altro che cose che nascono dall’incontro fra altre cose: entità vuote.
Nagarjuna distingue due livelli, come fanno tanta filosofia e scienza: la realtà convenzionale, apparente, con i suoi aspetti illusori o prospettici, e la realtà ultima. Ma porta questa distinzione in una direzione sorprendente: la realtà ultima, l’essenza, è assenza, vacuità. Non c’è.
Ogni metafisica cerca una sostanza prima, un’essenza da cui tutto il resto possa dipendere: il punto di partenza può essere la materia, Dio, lo spirito, le forme platoniche, il soggetto, i momenti elementari di coscienza, energia, esperienza, linguaggio, o quant’altro.
Nagarjuna suggerisce che semplicemente la sostanza ultima… non c’è.
(Nāgārjuna è stato un monaco buddhista indiano, filosofo e fondatore della scuola dei Mādhyamika e patriarca delle scuole Mahāyāna)
Dedicato al beneficio di tutti gli esseri senzienti💕
Dunque Nagarjuna è nichilista?
Nichilismo, in filosofia, è un termine introdotto, nella forma ted. Nihilismus, negli ultimi decennî del sec. 18° all’interno delle polemiche sul criticismo kantiano e sull’idealismo per indicare l’esito di ogni filosofia che voglia tutto dimostrare, costretta, quindi, a tutto dissolvere in pure e vuote astrazioni; più in generale, si tratta di una denominazione moderna rivolta a un atteggiamento ricorrente nel pensiero filosofico, comune a molte dottrine anche antiche, secondo il quale, una volta stabilita l’inesistenza di alcunché di assoluto, non ci sarebbe alcuna realtà sostanziale sottesa ai fenomeni di cui pure si è coscienti, risultando quindi l’intera esistenza priva di senso.
Nagarjuna, invece, prende semplicemente atto che “nulla esiste di per sé”, ma tutto scaturisce da un incontro. Nulla quindi ha verità e vita di per sé. Prendere atto di questo non significa dichiarare una mancanza di senso così come arriva a fare il pensiero nichilista. Anzi, al contrario, tutto acquista senso proprio in questo “vuoto a cui si dà forma”.