Vittima e Carnefice (a cura di Umberto Ridi)
Uno dei migliori artcoli sull’ Unione degli Opposti (Jung) e il superamento della Dualità (Sri Ranjit Maharaj, U. G. Krishnamurti,ecc.) che abbia letto negli ultimi tempi
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Umberto Ridi·Lunedì 30 luglio 2018
Una volta qualcuno, per far capire quanto poco possiamo giudicare gli eventi che ci circondano, ha fatto l’esempio di un tappeto di cui noi vediamo solo il rovescio, con la trama confusa e niente affatto chiara. Ma la trama e la tessitura che a noi appare così caotica e senza senso, in realtà crea un disegno armonico e meraviglioso, e lo conosceremo nel momento in cui potremo scoprire l’intero tappeto al di là della prospettiva parziale a cui siamo soggetti.
Ognuno, nella vita, ha un suo ruolo, di buono, cattivo, vittima e carnefice. Ma lo ha in base a una sua predisposizione evolutiva e del bisogno di esprimere e conoscere la sua natura.
Il leone che divora un cucciolo di antilope indifeso e innocente, agli occhi di un bambino, può apparire malvagio e meritevole della peggiore punizione. Ma per un naturalista che ha compreso il meccanismo delle cose, quel leone compie un atto necessario allo svolgersi e al mantenersi di un equilibrio naturale che diversamente ne risentirebbe.
Anche tra gli uomini, chi compie atti di estrema malvagità, esprime un suo bisogno e cerca di soddisfarlo come sa e nel modo i cui sente giusto per lui. Quest’uomo non considera il dolore che sta procurando ad altri, ma solo il suo benessere o un suo ideale. Questo perché la sua natura e la sua coscienza è concentrata solo su se stesso, e l’amore che prova non è in grado di uscire dall’ambito del suo egocentrismo. Questa non è una colpa; è un limite di quell’individuo. Però sono convinto che le esperienze e gli impatti dolorosi e necessari, anche in vite successive, gli faranno superare questo limite per scoprire un amore che, gradatamente, si allargherà oltre se stesso fino a comprendere tutto.
Ma allora qual è il ruolo di chi subisce questa malvagità?
Ogni atto e ogni impatto che noi riceviamo, ha un valore fondamentale. Tutto ciò che facciamo o che subiamo, di bene o di male, ha un suo effetto che, nel tempo, anche oltre la stessa vita, ritornerà a noi in forma di insegnamento e stimolo per comprendere e procedere nell’evoluzione.
Il dolore e la sofferenza non sono altro che il “ritorno” di un qualcosa che abbiamo compiuto nei limiti della nostra ignoranza e che soltanto una scossa dolorosa può smuovere e farci scoprire. Così come il bene che facciamo, ritornerà a noi sotto la forma e in una qualità tale da renderci maggiormente partecipi della vita che ci circonda.
Tutto è in perfetto equilibrio. Vittima e carnefice, ognuno con i suoi bisogni e ognuno con i suoi compiti, si incontrano e si aiutano vicendevolmente a costruire il proprio destino con la trama di quelle azioni che noi stessi abbiamo prodotto.
Sono convinto che, così, il disegno gradatamente si forma in un armonia di cui noi siamo parte e di cui, un giorno, saremo pienamente consapevoli.